18.08.18 GIALLO A SAINT-ESTÈPHE: CHÂTEAU LAFON-ROCHET
Ogni singola visita, in ogni singolo Château che abbiamo scelto, è stata non soltanto entusiasmante, ma anche utile spunto di riflessione. In questo senso, non ha fatto eccezione la visita a Saint-Estèphe e allo Château Lafon-Rochet; che si è rivelata fonte di nuove domande e nuove riflessioni sul “sistema Bordeaux” e, in particolare, sul sistema della degustazione dei vini en primeur.
Prima però, se volete, vi racconto qualcosina sullo Château Lafon-Rochet, e poi magari ritorniamo su questa storia dei vini en primeur.
4èmè cru classé della classificazione di Bordeaux del 1855. Château Lafon-Rochet vanta una lunga storia che inizia nel 17° secolo, con l’unione appunto delle famiglie Lafon e Rochet; dal 1960 appartiene alla famiglia Tesseron, che lo ha acquistato e completamente ristrutturato.
La ristrutturazione, è stata a dir poco radicale, e non si è limitata alla camera di fermentazione e alla cantina, completamente rinnovate e dotate di impianti altamente tecnologici. Difatti, Château Lafon Rochet è stato il primo Château del Médoc ad essere completamente ricostruito nel 20° secolo.
In particolare, l’edificio principale, in cui vive tuttora la famiglia Tesseron, è stato costruito ex-novo.
Totalmente ridipinto nel 2000, quando Michael Tesseron ha deciso di passare da uno spento grigio ad un vivace giallo, e di cambiare, di conseguenza, anche il colore delle etichette dei suoi vini. Château Lafon Rochet è circondato da ben 45 ettari di terreni piantati a cabernet sauvignon (55%), merlot (40%), cabernet franc (2%) e petit verdot (3%), che permettono, anno per anno, di creare il blend ottimale per i suoi vini.
Bisogna dire, che pur nella sua sobrietà, lo Château non passa certo inosservando! Anzi, già a qualche chilometro di distanza, spicca con il suo bel giallo! Ma colpisce anche la vista panoramica di cui si gode da lì. Vigneti a perdita d’occhio lo circondano, arrivando fino a poche decine di metri dall’ingresso della residenza dei Tesseron, rendendo il tutto estremamente suggestivo.
E la visita è cominciata proprio da lì, dai bei tralci di Cabernet Sauvignon piantati sul terreno sabbio-ghiaioso antistante lo Château.
Guidati da un addetta alle visite, dopo un breve accenno ai momenti storici salienti che hanno scandito la vita dello Château, siamo passati alla cantina, che ha mostrato subito i suoi muscoli con grandi tini in cemento.
Dopo essere caduti in disuso, con l’avvento dei tini inox, oggi stanno riprendendo piede, segno della volontà di recuperare le vecchie tradizioni, seppur confortate dall’innovazione tecnologica.
E, difatti, questi tini in cemento sono ultratecnologici, dotati di sensori termici, serpentine di azoto liquido e fluido riscaldante, affogate nel cemento, per poter monitorare e regolare la temperatura del mosto in fermentazione con l’ausilio di un apposito software.
Lo stesso software monitora anche le cuves inox, e le cantine dove riposano le barriques, assicurando temperature ed umidità ottimali in ogni momento.
Da un punto di vista tecnologico, probabilmente questo è lo Château più tecnologico tra tutti quelli visitati. Ma, come vi dicevo all’inizio, è stato interessante anche sotto altri aspetti di cui parleremo fra poco.
Prima permettetemi di fare un piccolo balzo temporale in avanti per arrivare all’ultima parte della visita, quella dedicata alla degustazione di tre vini prodotti dallo Château.
I vini in questione erano i seguenti:
- Les Pelerins 2015, ottimo second vin dello Château Lafon-Rochet, costituito da un blend di Cabernet Sauvignon (60%) e Merlot (40%) ;
- Château Lafon-Rochet 2011, costituito da Cabernet Sauvignon (59%), Merlot (33%), Petit verdot (5%), Cabernet Franc (3%).
- E infine, Château Lafon-Rochet 2007, 61% da Cabernet Sauvignon, 31% da merlot, 4% da cabernet franc e 4% petit verdot.
La prima cosa che salta all’occhio, per quel che riguarda i vini di punta dello Château, è la diversa composizione delle due annate 2011 e 2007. Questa è una delle caratteristiche dei vini di Bordeaux, dove anno per anno, la composizione varia al fine di garantire, che pur nella sua individualità, il vino sia chiaramente riconoscibile. (Vedi foto)
Ed infatti, seppure con qualche piccolo distinguo, dovuto soprattutto al differente stadio di evoluzione, i due vini si assomigliavano tantissimo.
Ad ogni modo, quello che ci ha colpito maggiormente é stato proprio il fratello maggiore, il 2007.
Questo vino, si presentava con un bel naso ricco, con note di frutta nera matura, ciliegia e mora, note di prugna e fico, ma anche note tostate, note di spezie, pepe bianco, liquorizia, caffé e cuoio. Al palato, dominavano soprattutto le note speziate, con bei tannini rotondi e vellutati e una bella persistenza.
Come avrete già intuito, la nostra preferenza è andata proprio a quest’ultimo vino, di cui abbiamo portato a casa un “campione”, per future degustazioni. LOL
Ora però facciamo un piccolo balzo indietro e torniamo alla visita in cantina.
La nostra visita prevedeva anche un assaggio dalla barrique, ma non un assaggio qualsiasi.
Infatti, questo é stato l’unico Château dove abbiamo potuto assaggiare un vino en primeur, e la cosa mi ha colpito, ma anche lasciata molto perplessa.
Prima di spiegarvi le ragioni delle mie perplessità credo, però, di dover fare un momento chiarezza sul concetto di vino en primeur. Quanto meno per i meno esperti.
Per capire cosa si intende, quando si parla di degustazione di un vino en primeur, bisogna fare un piccolo salto indietro nel tempo.
Risale al XVIII° secolo l’uso di degustare il vino en primeur, ovvero ancor prima del suo imbottigliamento. In realtà, i negozianti, allora, non degustavano neppure il vino, bensì le uve ancora attaccate ai tralci della vite, dunque ben prima della vendemmia, per giudicarne il potenziale e farsi un’idea del vino che ne sarebbe stato prodotto.
È solo negli anni ’70 che nasce il moderno sistema della vendita en primeur; ma, bisogna attendere fino agli anni ’80 perché divenga l’evento che conosciamo oggi.
Più precisamente, nel 1982, anno in cui il Barone Philippe de Rothschild presentò il suo vino en primeur, attirando l’attenzione della stampa dell’epoca.
Fu proprio quell’annata, tra l’altro, a consacrare Robert Parker come uno dei più grandi enocritici della nostra epoca, quando, lui solo, la giudicò una annata eccezionale, contro il parere di tutti i critici francesi dell’epoca, che la ritennero, a torto, un’annata mediocre.
Da allora, ogni anno, ad Aprile, migliaia di importatori, grossisti, distributori, amatori e, ovviamente, enocritici, si riversano in quel di Bordeaux, per poter degustare l’annata ancora in corso di affinamento, che non verrà imbottigliata prima di 2 anni.[1]
Per quanto riguarda l’esercizio della degustazione vera e propria, non si può certo dire che sia cosa per tutti.
Poiché il prodotto che viene presentato, non è ancora il prodotto finito, é richiesta grande esperienza e maestria per intuire come potrà evolversi. Basti dire che lo stesso Parker ha ammesso di aver preso una enorme cantonata con l’annata 2009. Da lui giudicata passabile, essa si è rivelata poi una annata eccezionale!
La difficoltà nasce dal fatto che, a meno di strane pratiche in cantina, i vini presentati, essendo giovanissimi e ancora in fase di affinamento, hanno una grandissima acidità; i rossi poi hanno anche tannini estremamente spigolosi.
Dunque, bisogna saper mettere da parte la prima sensazione di sgradevolezza, e tenere a mente che il vino è materia viva. In continua evoluzione, cambia da un mese all’altro, da una barrique all’altra, evolvendosi, a volte, in maniera del tutto imprevista.
Ecco allora che, per l’esperto, un vino con grande acidità, diventa un vino con un grande potenziale di conservazione[2]. Un tannino ben presente, seppur spigoloso, non é certo un problema, la barrique lo addolcirà. Un vino con una vasta gamma aromatica, potenzialmente, darà vini finiti di grande complessità.[3]
Cosa ha tutto questo a che vedere con il nostro Château Lafon-Rochet e con le mie perplessità? Ve lo spiego subito.
Il vino en primeur che abbiamo degustato allo Château Lafon-Rochet, mi è parso già pronto da bere. Equilibrato, con tannini vellutati, con tanti aromi, anche spezie, moderate note di legno, una acidità bilanciata.
Al mio palato inesperto è sembrato un vino che avesse avuto modo di evolversi, prima in barrique e poi in bottiglia. Solo, il vino era ancora in barrique, e a detta della nostra accompagnatrice, probabilmente non sarebbe stata neppure la versione definitiva!
Ora come si coniughi questo con quanto detto un po’ di righe più su, per me resta un mistero.
Secondo quanto detto prima, mi sarei aspettata un vino con una acidità tanto spiccata da essere quasi fastidiosa, con dei tannini prepotenti e spigolosi… allora, come si spiega che il vino che ho assaggiato non presentava nessuna di queste caratteristiche?
Lo so, la risposta più logica sarebbe che sono ancora troppo inesperta, e non vi è dubbio che ciò sia vero. Ma proprio la mattina avevo assaggiato, in un altro Château, i vini del 2017 non ancora assemblati. Vi assicuro che il naso aveva aromi fortissimi, quasi fastidiosi per la loro intensità, l’acidità era quasi violenta, per non parlare dei tannini…
E allora, come si spiega che il vino en primeur era già cosi buono?
L’unica spiegazione che ho trovato io, nella mia inesperienza, è che il loro enologo, e il loro maestro cantiniere, siano stati tanto abili nel dosaggio delle varie componenti e nell’uso della barrique, da riuscire a dare l’idea del vino già pronto.
Quanto poi questa sia una mossa saggia, e quanto poi il vino dell’annata 2017, una volta imbottigliato risponderà effettivamente alle aspettative che ha creato questo campione, lo lascio giudicare ai veri esperti.
Per me resta un giallo: il Giallo di Château Lafon-Rochet![4]
[1] Sebbene meno del 5% dei vini di Bordeaux venga presentato durante questa settimana, l’evento ha in ogni caso una enorme risonanza in tutto il mondo, soprattutto come indicazione dell’andamento dell’annata in esame.
In passato, questo sistema permetteva anche di acquistare vini con un risparmio del 10-30% rispetto a quello che sarebbe stato poi il prezzo in bottiglia, divenendo così fonte di investimento e, in seguito, di guadagno per gli investitori del settore.
Oggi giorno, i margini sono molto più bassi, se non addirittura azzerati, a causa soprattuttto di una impennata dei prezzi, spesso ingiustificata, che addirittura ha portato i prezzi ad essere uguali, quando non superiori, al prezzo in bottiglia, soprattutto per gli investitori privati.
[2] L’acidità permette al vino di mantenere una bella freschezza con il passare degli anni.
[3] Tutto questo si concluderà, dopo una serie ripetuta di assaggi, con l’assegnazione di un votazione, in centesimi (all’americana) o in ventesimi (all’europea), da cui dipenderà il prezzo che verrà fissato per ogni vino.
[4] I vini sono acquistabili sia contattando direttamente Château Lafon-Rochet, sia su Tannico
Posted on: Novembre 3, 2018, by : Sara Passaro