IL VERDICCHIO E I SUOI CRU – PRIMO TEMPO
Vitigno autoctono per eccellenza della regione Marche, ai più noto, soprattutto a cavallo degli anni ‘70 e ’80, come il vino nell’anfora; pare che il Verdicchio, negli ultimi anni, si sia conquistato il posto di vino bianco più conosciuto dagli italiani. Almeno secondo recenti statistiche.
Ma quanti di noi possono dire di conoscere davvero il Verdicchio?
Io, ad esempio, ne ho letto ne “L’elogio dell’invecchiamento” di Scanzi, con Diego ne ho assaggiata una discreta interpretazione di Villa Bucci, proprio a seguito della lettura del suddetto libro, ma il dubbio di non conoscere le sue vere potenzialità permane.
Se qualcuno lo paragona allo Chablis una ragione ci sarà, giusto?
E allora quale occasione più ghiotta, per approfondire il tema, di una bella serata a tema organizzata da Vinodromo?
Già, perché non appena scoperto che da Vinodromo ci sarebbe stata una serata dedicata proprio al Verdicchio e ai suoi Cru, e contando sul fatto che con Cristian si degustano sempre vini tutt’altro che banali e scontati, mi sono lanciata in questa ennesima avventura enoica.
La degustazione
La serata è cominciata, come sempre, con un breve excursus sulla geografia delle Marche e sui cru del Verdicchio da parte di Cristian, marchigiano d’adozione e molto preparato al riguardo.
In sintesi, due sono le denominazioni principali, Verdicchio dei Castelli di Jesi e Verdicchio di Matelica, che si differenziano per microclima. Infatti, mentre i vigneti dei Castelli di Jesi sono dislocati in valli che sfociano verso l’Adriatico, dunque tendenzialmente con un clima più mediterraneo; Matelica, circondata dagli Appennini, é caratterizzata da accentuate escursioni termiche e un clima più fresco, che assicurano una acidità più sostenuta e un tenore alcolico più contenuto.
È pur sempre vero che la denominazione Castelli di Jesi comprende un territorio piuttosto vasto; per cui ci saranno vigneti più prossimi al mare come Corinaldo e Morro d’Alba; mentre altri, come Cupramontana ed Apiro, saranno ad altitudini più elevate e risentiranno dei freddi influssi del Monte San Vicino.
Quali dovrebbero essere le caratteristiche del Verdicchio?
Da quel che ho capito, si tratta di un vino dal colore giallo paglierino tenue, con aromi delicati e minerali, dall’acidità piuttosto alta, che se ben vinificato ne garantisce una certa longevità, un tenore alcolico medio e con retrogusto gradevolmente amarognolo, ammandorlato.
E le bottiglie in degustazione?
Protagoniste di questa prima serata, 6 bottiglie di altrettanti “piccoli” produttori, un fuori concorso di Matelica e 5 Castelli di Jesi:
- Collestefano – Verdicchio di Matelica 2014
- Andrea Felici – Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2015
- Fattoria San Lorenzo – Castelli di Jesi Verdicchio Classico DOCG “Le Oche” 2015
- La Staffa – Verdicchio dei castelli di Jesi 2013
- Sandro Finocchi – Salmagina 2013
- Ceci Enrico – Santa Maria D’Arco 2013
ColleStefano – Verdicchio di Matelica 2014
Il nostro produttore fuori concorso, Collestefano, è situato appena fuori Castelraimondo, poco sotto Matelica. I suoi vigneti, circa 17 ha, insistono su un terreno costituito da argilla, calcare e sabbia, posto a circa 420 mslm e sono condotti con coltivazione biologica dal 1995.
Vendemmie manuali leggermente anticipate, vinificazione in acciaio, 4 mesi di sosta sui lieviti, affinamento in bottiglia. Siamo di fronte ad un Verdicchio che fa categoria a parte, tipico, strutturato, pochi profumi, ma longevo e di buona acidità.
Il vino in degustazione era giallo paglierino, al naso tipiche note di mandorla, ma anche note minerali, selce, e un accenno di miele. In bocca, l’acidità è alta, quasi pungente sulla lingua.
Andrea Felici – Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2015
Con Andrea Felici, entriamo nell’area dei Castelli di Jesi. In particolare, siamo ad Apiro, su una collina ai piedi del Monte San Vicino, ad un altitudine di 550 mslm. 9 ettari di vigneto, 100% verdicchio, piantato su terreni argilloso-calcarei. Uve provenienti da vigne giovani e vigne più vecchie, che vanno da 6/7 anni a 35 anni di media, contribuiscono alla creazione del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore “Andrea Felici”.
Dopo pochi giorni di sosta sulle bucce, si passa alla vinificazione in acciaio con lieviti indigeni, segue un affinamento per circa 5 mesi, di cui 3 sui lieviti, infine altri 2 mesi in bottiglia.
In questo caso, il vino è di un giallo paglierino più carico, al naso ha note di pepe bianco, note minerali molto accentuate, di selce e salmastre. In bocca, l’acidità è più bassa e il vino è più consistente, forse anche a causa di un annata un po’ troppo calda.
Fattoria San Lorenzo – Castelli di Jesi Verdicchio Classico DOCG “Le Oche” 2015
Sita a Montecarotto, 380 mslm, la Fattoria San Lorenzo ha una superficie vitata di circa trenta ettari, dove le piante raggiungono anche i cinquantanni d’età e si producono una media annuale di circa 80mila bottiglie. Anche in questo caso, i principi sono quelli dell’agricoltura biologica; per cui i vigneti sono trattati unicamente con rame e zolfo, senza prodotti di sintesi e senza far ricorso a diserbanti chimici.
Vinificato e lasciato maturare per ben 18 mesi sui propri lieviti in vasche di acciaio e cemento, il vino ha un bel colore paglierino carico, note di lievito, note minerali che ricordano gli idrocarburi, qualche nota ossidativa e di frutta appassita. In bocca una bella acidità.
La Staffa – Verdicchio dei castelli di Jesi 2013
L’azienda vitivinicola La Staffa sorge sulle colline di Staffolo, nella provincia di Ancona, a circa 450 mslm, circa dieci ettari, condotti secondo i principi della biodinamica, ed è gestita da Riccardo Baldi, Classe 1990.
Riccardo è noto come l’Enfant Prodige di Staffolo, anche se il vino che abbiamo degustato noi, purtroppo, ha mostrato i segni del tempo in maniera impietosa.
Colore giallo oro, all’inizio si sono percepite forti note floreali, forse acacia, di miele e ossidative, che corrispondevano anche all’assaggio. L’acidità in bocca è alta, ma con il passare dei minuti il castello ha iniziato lentamente a sgretolarsi, l’ossidazione ha avuto la meglio e al naso è saltata fuori prepotente una nota di liquirizia che lo ha reso praticamente impossibile da bere.
Sandro Finocchi – Salmagina 2013
Anche il Salmagina, prodotto dall’azienda di Sandro Finocchi, nasce in quel di Staffolo. Otto ettari di vigneto che ricadono interamente nel Comune di Staffolo, su quattro diverse contrade: Salmagina, Castellaretta, Campagliano, Filellu.
Proprio dai 5 ettari in contrada Salmagina, una delle zone più note e vocate alla produzione del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico, per la natura dei terreni calcarei, sabbiosi e parzialmente argillosi, e le esposizioni, a sud-ovest e sud-est, nasce il Salmagina. Giallo paglierino, caratterizzato da una nota minerale, selce, ma anche da note floreali e fruttate sia al naso che in bocca, con bella acidità e un sapidità molto accentuata.
Ceci Enrico – Santa Maria D’Arco 2013
Per ultima, l’azienda agricola Ceci Enrico, situata sulle colline di San Paolo di Jesi, affacciate sulla vallata del fiume Esino a 224 Mslm. 18 ettari di terreni la metà dei quali dedicati alla viticoltura, l’altra metà a cereali ed olivi. L’esposizione varia da Nord-Est a Sud-Ovest. Le vigne hanno un’età abbastanza variabile, ci sono vigne giovani dai 4 ai 14 anni e vigne più vecchie dai 40 ai 60 anni.
Il vino in degustazione, di un bel giallo paglierino, minerale al naso, in bocca di acidità media e il classico finale amaricante in bocca.
Cosa ho capito del Verdicchio…
La degustazione è stata piuttosto animata, perché, come è giusto che sia, sono nate tante domande: perché certi vini fossero in un modo o in un altro; quale fosse il vino che ci piaceva di più; ma anche, e soprattutto, su quale fosse l’interpretazione più rispondente del Verdicchio.
Il verdetto, almeno per questo primo round è stato a favore del 5° e il 6° vino. I più riconoscibili in quanto Verdicchio ben fatto e ben interpretato. Il primo era fuori concorso, ma è stato inserito a giusto titolo tra i finalisti; il 2° è parso incompleto, mancante di qualcosa. Il 3° è sembrato essersi già avviato verso il viale del tramonto, mentre il 4° aveva, ahimè già esalato il suo ultimo respiro…
Lo ammetto, mi restano ancora tanti dubbi su questo vino, e non mi riferisco tanto al capire se mi piaccia o meno, quanto più a quale sia la sua vera natura e quale la sua più giusta interpretazione.
Ma magari, con il secondo round, Cristian saprà illuminarmi!
Posted on: Settembre 29, 2018, by : Sara Passaro