50 SFUMATURE DI VINO, O FORSE PIÙ: LO CHARDONNAY
Chardonnay contro Chardonnay
Magari lo avete già intuito, se ci seguite da un po’, a noi piace fare confronti un pochino arditi alle volte, piccole sfide se volete, tra vini di zone diverse, magari nazioni diverse, prodotti dallo stesso tipo di vitigno.
Ecco, questa volta, volevamo mettere alla prova uno dei vitigni più diffusi al mondo, un vitigno affetto da “personalità multipla”, dai mille volti, insomma: lo Chardonnay.
E la sfida che abbiamo avuto l’ardire di organizzare era tra uno Chardonnay francese e uno italiano; più precisamente tra Vallée du Rhone e Piemonte, Ardèche e Nizza Monferrato.
Le tipicità delle due aree geografiche.
Lo Chardonnay francese, come detto, viene dalle Ardèche e rientra nella IGP Coteaux de l’Ardèche. Il suolo su cui sono piantate le vigne, con una età media di 20 anni, é costituito prevalentemente da argilla e gesso.
Lo Chardonnay italiano, invece, viene dal Piemonte, da Nizza Monferrato, e si tratta di un Piemonte DOC Chardonnay, le cui vigne, anch’esse di circa 20 anni, insistono su un suolo a prevalenza calcarea.
La tecnica di vinificazione.
Per lo Chardonnay francese parliamo di fermentazione tradizionale e fermentazione malolattica in botti di rovere, mentre per l’affinamento sono previsti da 8 a 10 mesi in botti di rovere, il 20% delle quali nuove. Da notare che le botti, in rovere francese a media tostatura, vengono prodotte all’interno dell’azienda.
Mentre, per lo Chardonnay italiano parliamo di 8 mesi di fermentazione in botti americane, seguite da 2 mesi di affinamento in inox e poi bottiglia.
La degustazione
Qui se ne son viste delle belle ragazzi!
Potrei dirvi che abbiamo deciso di iniziare dal francese per un senso di sportività, ma molto più verosimilmente ci siamo lasciati guidare dalla vista.
Infatti, mentre nel calice il contendente frencese mostrava un bel giallo paglierino, limpido e luminoso, con qualche leggero riflesso dorato, l’italiano esibiva un bellissimo giallo oro intenso, limpido e luminoso. Ragion per cui abbiamo ritenuto più saggio partire prorpio dal francese.
Al naso lo Chardonnay francese, mi è parso un vino con una netta identità territoriale. Infatti, appena ho avvicinato il calice al naso mi sono rivista alla lavagna da ragazzina, tanto era presente la nota di gesso. Ovviamente, c’era anche molto altro: frutta gialla, come pesche ed albicocche, un leggero sentore citrico, una nota di pietra focaia, ma anche le tipiche note dovute alla fermentazione malolattica, dunque un sentore che ricorda il burro, e, naturalmente, una nota affumicata e vanigliata.
In bocca, il vino, fresco e di corpo medio, si è dimostrato sapido e, oltre a confermare in pieno i sentori del naso, ha mostrato una leggera nota di nocciola e miele. Persistente, e con un bel finale armonico, ha dimostrato di essere un ottimo Chardonnay.
E lo Chardonnay italiano?
Che dire… ammetto che, in genere, sono una grande fan dei vini francesi, ma l’italiano, aveva già conquistato il mio cuore qualche mese fa, e se non lo definisco un outstanding è solo perchè potrei essere un filino di parte!
Al naso, il bouquet si fa subito notare per la sua intensità, ma non solo. Si parte dalla frutta, con buccia di arancia candita, frutto della passione, ma anche note di frutta secca (pesca ed albicocca), note minerali, leggermente meno forti che nel corrispettivo francese, e poi note affummicate, di legno e di spezie, soprattutto vaniglia, ma anche qualche nota di burro e lievito, e una leggerissima nota ossidativa.
Il peso del vino nel calice è decisamente superiore a quello francese, così come lo è il grado alcolico. In bocca si conferma più rotondo, quasi setoso e cremoso, di corpo. Resta però un vino fresco e sapido, che conferma i sentori del naso e una piacevole persistenza.
Detto fra di noi, per me ogni sorso era un piccolo momento di estasi! Ma non sono obiettiva, lo so!
Vabbè, ma si può sapere come si chiamano i due contendenti?
Avete ragione, non vi ho ancora detto di che vini parliamo! Chiedo venia!
Eccoli qui:
Grand Ardèche Chardonnay 2015 – Maison Louis Latour[1]
Questo vino l’ho acquistato per puro caso su Tannico. A prezzo pieno,
avrei speso circa 27 euro, ma quel giorno era scontato, per cui l’ho portato a casa
per 16,83 euro.
Puro – Piemonte DOC Chardonnay 2015 – Roberto Sarotto
Quasi mi imbarazza dirvi il prezzo di questa bottiglia!
Io, in tutta sincerità, quando l’ho assaggiato, ero convinta che si aggirasse
tra i 20 e i 25 euro, quindi pari livello con il cugino d’oltralpe.
E invece…
… e invece, il produttore lo propone a 10 euro, almeno questo è quanto ci ha chiesto
quando lo abbiamo scovato nel winebar che ha in centro ad Alba.
Le conclusioni?
Direi che lo Chardonnay ha dimostrato di essere un vitigno molto versatile, ecco perchè parlavo di personalità multiple.
È un vitigno che ha la grandissima dote di fare sue le tipicità del territorio su cui cresce, integrandole perfettamente con le sue caratterische varietali.
Mentirei se non vi dicessi che ho una preferenza per il Sarotto.
Ma, in tutta onestà, ritengo la sfida chiusa con un meritatissimo pareggio, proprio perché grazie, questa peculiarità dello Chardonnay, ho assaggiato due vini molto diversi tra di loro. Entrambi molto piacevoli, armonici e di gran qualità; a maggior ragione se si tiene conto delle cifre piuttosto abbordabili a cui le due bottiglie sono state acquistate!
[1] http://www.louislatour.com/fr/
Posted on: Settembre 7, 2018, by : Sara Passaro