07.10.18 MILANO WINE WEEK 1.0
È iniziata oggi la Milano Wine Week 2018.
Fortemente voluta da Federico Gordini, presidente di Milano Wine Week, che grazie al sostegno di grandi nomi come quelli di Luciano Ferraro, Daniele Cernilli e Andrea Grignaffini, è riuscito, non senza il supporto di Epam, Confcommercio, Regione Lombardia e il Comune di Milano, a realizzare questo grande evento sul vino.
La kermesse si svolge in diverse zone di Milano tra Palazzo Bovara, il Franciacorta Wine District, tra Brera e Garibaldi, e l’Oltrepò Pavese Wine District, in Porta Romana.
E quale modo migliore per dare inizio alle danze, se non partendo da due interessanti degustazioni nella splendida cornice di Palazzo Bovara?
Ore 15.00 Cheval des Andes: alla scoperta del Grand Cru delle Ande
Questo il primo evento in questa prima domenica di Ottobre; condotto da Luciano Ferrero, 57 anni, capo redattore del Corriere della Sera, affiancato da Valentina Bertini (Terrazza Gallia), nominata miglior sommelier dell’anno dalla Guida Espresso.
Cheval des Andes nasce dalla fusione tra Chateau Cheval Blanc e Terrazas de los Andes, uno dei migliori terroir argentini. E da questa fusione non poteva che nascere un grande vino, un vino che racchiude in sé lo stile e il savoir-faire dei grandi vini di Bordeaux e tutta l’eleganza e la potenza di un tango argentino.
Tre i vini in degustazione, con le annate 2011, 2012 e 2015, quest’ultima appena rilasciata.
Annata 2011
Per l’annata 2011, siamo di fronte ad un blend costituito da malbec 69%, cabernet sauvignon 21%, petit verdot 10%.
Di colore rosso rubino brillante, al naso le note sono inizialmente soprattutto speziate, con note di vaniglia e pepe, si percepiscono note di frutta rossa, ciliegia, ma anche note minerali e mentolate. In bocca è pieno, fruttato e minerale, molto equilibrato, lungo, fresco e sapido, con tannini presenti, ma levigati. L’affinamento avviene in barriques di borgogna (in parte nuove) per circa 18 mesi.
Si tratta di un vino di grande eleganza e corpo.
Annata 2012
L’annata 2012, è stata particolarmente difficile in termini di condizioni climatiche, si sono avute basse rese e, dunque, frutti molto più concentrati. Costituito da un blend di Malbec 64%, Cabernet Sauvignon 28% e Petit Verdot 8%; il vino si presenta colore rubino, al naso appare più evoluto del primo, probabilmente proprio per la grande concentrazione di frutto.
Si percepiscono note di fico, mela cotogna, tabacco, albicocca, ma anche di ribes nero, foglia di ribes nero, mirtillo, note floreali di violetta, note speziate di liquirizia e pepe. Al palato, ha comunque una freschezza elevata e un tannino setoso; risulta ben armonizzato, soprattutto se si considera la sua gradazione alcolica che tocca i 15 gradi.
Annata 2015
Infine, l’annata 2015. Appena rilasciata sul mercato, sembra essere quella di cui va più orgoglioso il giovane enologo italiano Lorenzo Pasquini, Technical Manager & Winemaker di Cheval des Andes, che ha dichiarato “è il vino più elegante e setoso che abbiamo mai prodotto”.
Questo vino, 69% Malbec, 31% Cabernet Sauvignon, rappresenta un cambiamento di stile rispetto ai primi due.
Infatti, qui è stata accantonata la barrique e si è preferito utilizzare botti grandi da 400 e 500 litri. La scelta è stata dettata dalla volontà di preservare maggiormente la freschezza e gli aromi fruttati del vino, che invece con la barrique vengono leggermente coperti sia per il maggior apporto di aromi ceduti dal legno sia per la maggiore ossidazione.
E difatti il vino nel calice, sempre di colore rubino ma meno carico, rilascia chiare note di frutta, mirtillo, ma anche una nota mentolata piuttosto intensa. In bocca mantiene una spiccata acidità pur rimanendo molto armonico nel complesso.
Le opinioni
Tra i banchi di degustazione c’era anche l’enologo Andrea Lonardi, direttore tecnico della Bertani, che ci ha confessato di avere una preferenza per il primo e l’ultimo vino in degustazione. Il primo, per la sua chiara riconoscibilità in quanto vino del nuovo mondo, con una sua eleganza e aromaticità ben presenti e armonizzate; l’ultimo, perché più vicino ai vini europei, con un legno anche qui sapientemente sfruttato, ma che proprio per la scelta della botte grande, ha saputo preservare le tipicità dei vitigni utilizzati nel blend.
Ore 15:30 Masterclass Tenute Piccini: Sicilia vs Toscana, Nerello vs Sangiovese
La Masterclass, organizzata da Andrea Gori, è tutta dedicata alle Tenute Piccini, rappresentate qui da Mario Piccini e Giacomo Panicacci, rispettivamente proprietario e Brand Ambassador delle Tenute Piccini.
La famiglia Piccini vive e opera nel cuore del Chianti Classico. Sotto la guida di Mario, l’azienda è divenuta una delle più dinamiche ed innovative del panorama italiano, potendo contare su ben 7 tenute, che hanno tutte completato la conversione a biologico.
In Toscana, l’azienda è proprietaria di Fattoria di Valiano (Chianti Classico), Tenuta Moraia (Maremma), Villa al Cortile (Montalcino) e Geografico (Gaiole nel Chianti Classico e San Gimignano); a queste, da alcuni anni, si sono aggiunte le tenute “vulcaniche” di Torre Mora sull’Etna, in Sicilia, e Regio Cantina nel cuore dell’Aglianico del Vulture, Basilicata.
La filosofia della famiglia Piccini è quella di produrre vini che siano espressione della regione in cui nascono, esaltando l’espressività della varietà.
Questa volta il gioco si fa duro, 6 i vini in degustazione:
Vermentino Tenuta Moraia Calasera 2017, Torre Mora Scalunera Etna Bianco 2017, Torre Mora Etna Rosato 2017, Torre Mora Etna Scalunera Rosso 2015, Valiano Poggio Teo Chianti Classico 2015, Villa al Cortile Brunello di Montalcino 2013.
Vermentino Tenuta Moraia Calasera 2017.
Iniziamo il nostro percorso in Maremma, lungo la costa toscana, in provincia di Grosseto.
Il vino in degustazione è un vermentino in purezza dal colore giallo paglierino chiaro. Al naso, si percepiscono note minerali, floreali, accenni di salvia, ma soprattutto note fruttate, che ricordano la frutta tropicale a polpa gialla, come mango e papaya. Stiamo parlando di un vino che fa solo acciaio, proprio per lasciare il più possibile intatti i suoi aromi primari tipici del suolo argilloso da cui nasce.
In bocca l’acidità è elevata, il vino è sapido e minerale, con note iodate, piacevolmente fruttato e piuttosto persistente.
Torre Mora Scalunera Etna Bianco 2017
Con il secondo vino ci spostiamo sui pendii dell’Etna, a circa 700 metri sul livello del mare, su terreni vulcanici. Qui nessuna meccanizzazione può essere fatta, si tratta dunque di una viticoltura difficile e complessa.
Composto per il 90% da carricante e per il 10% catarratto. Il vino in degustazione si presenta con un giallo paglierino carico, con riflessi dorati. Al naso, si percepisce subito una forte mineralità, con note di roccia bagnata, iodio, talco e un lieve accenno di cherosene, ma anche note di frutta, mela annurca e di arancia, note floreali di acacia e biancospino.
In bocca, l’acidità è elevata, ma piacevole, si percepiscono gradevoli note citriche, lunga la persistenza.
Torre Mora Etna Rosato 2017
Prodotto sempre nella stessa Tenuta Mora, il Torre Mora Etna Rosato 2017 si presenta nella sua veste rosata che ricorda la buccia di cipolla, sapientemente ottenuta con una brevissima macerazione sulle bucce di 3 giorni.
Un interessante vino rosato, costituito per il 95% da Nerello Mascalese e per il restante 5% da Nerello Cappuccio.
Il vino rivela una chiara mineralità, con note di pietra bagnata, gesso, pietra focaia, ma anche note di frutti rossi, fragoline, note agrumate di pompelmo rosa e scorza di arancia. In bocca è sapido, con una acidità sostenuta, un’ottima persistenza e un leggero finale ammandorlato.
Torre Mora Etna Scalunera Rosso 2015
Ad aprire la carrellata dei rossi, troviamo il Torre Mora Etna Scalunera Rosso 2015, vino che fa 2 anni in botte grande e tonneaux, poi affinamento in bottiglia.
Costituito al 95% da Nerello Mascalese e al 5% da Nerello Cappuccio, si presenta di colore granato di media intensità.
Al naso, rilascia sentori di frutta rossa matura, marasca, note di spezia, caffè, cardamomo, sandalo, liquirizia, note minerali affumicate e note animali.
Sapido al palato, con una acidità sostenuta e un bel tannino presente, ma rotondo, si fa presente anche una nota legnosa più evidente che al naso.
Valiano Poggio Teo Chianti Classico 2015
Con questo vino si torna in Toscana. 100% Sangiovese; il vino è il prodotto dell’assemblaggio delle uve di 3 vitigni con 3 diverse esposizioni, sud-est-nord, vinificate separatamente ed affinate 3 mesi in barrique e 12 mesi in botti grandi.
Di colore porpora, si presenta al naso con note speziate di caffè, tabacco e liquirizia, ma anche piacevoli note di frutta rossa come ciliegia, amarena e fragola. In bocca, tradisce tutta la sua giovinezza con un tannino ancora spigoloso e una acidità elevata.
Villa al Cortile Brunello di Montalcino 2013
Per ultimo, Villa al Cortile Brunello di Montalcino 2013. In questo caso, vengono utilizzate solo botti grandi di rovere francese da 20 a 55 ettolitri, dove il vino viene affinato per 24 mesi.
Di colore granato, al naso si percepiscono note animali, cuoio, ma anche spezie, tabacco; una lievissima nota vegetale, tanta frutta rossa, ciliegia, amarena, frutta sotto spirito, note floreali di viola, e note di lavanda. Infine, note di sottobosco e fungo appena accennate.
In bocca, ha una acidità elevata e un tannino elevato, ma più evoluto del Chianti Classico in degustazione.
Conclusioni
Entrambe le degustazioni sono state molto interessanti.
La prima, perché troppo spesso in Italia si trascurano i vini prodotti nel Nuovo Mondo, perdendosi così la possibilità di degustare alcuni fuoriclasse. La seconda, perché ha rappresentato l’occasione per conoscere un’azienda nota, soprattutto, nella grande distribuzione, ma che qui ha portato vini di ottima fattura.
In conclusione, la prima Milano Wine Week parte sotto i migliori auspici, soprattutto per l’affluenza registrata a Palazzo Bovara, dove tutte le Masterclass erano piene e in tanti, me compresa, hanno aspettato fino all’ultimo momento nella speranza che qualche iscritto non si presentasse.
Posted on: Ottobre 8, 2018, by : Sara Passaro